I racconti (Guanda) by Rainer Maria Rilke
autore:Rainer Maria Rilke [Rilke, Rainer Maria]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Guanda
pubblicato: 2016-10-21T22:00:00+00:00
«Hai davvero diciott’anni?», chiese Zdenko chinandosi sulla sorellina spaventata e piangente, quasi smarrita, così piccola e timida, in fondo all’angolo della cucina.
«I tuoi vecchi fantasmi ti inseguono fin qui, fino a Praga? Oppure Rosalka li ha portati con sé nelle sue pentole e nelle sue padelle?» La vecchia fantesca voltò gli occhi stizzita. «Sì», disse incerta Luisa, «sì», e sospirò interdetta, «prima, non appena arrivammo qui, pensai di essermene liberata. Nel vedere le chiare facciate delle case e le strade larghe, mi sentii completamente libera e contenta; invece nella Kleinseite è quasi peggio che da noi. Non è vero?» E la fanciulla si guardò lentamente in giro. Ma Zdenko se la trascinò dietro nel tinello illuminato. «È come dicevo», gridò a sua madre. «Mentre noi siamo qui a conversare, lei è di nuovo là dalla vecchia strega, tutta eccitata dalle eterne fole.» La signora Josephine scosse lievemente il capo dalla folta chioma grigia e disse: «Quando diventerai finalmente ragionevole, bambina?» Quindi continuò a cucire tranquilla la tela bianca; nella cesta vicino a lei molto lavoro aspettava. Ma dopo un po’ la vedova abbandonò in grembo le dita sciupate dall’ago, e guardò in faccia la figlia. Luisa, abbagliata dalla viva luce della lampada, aveva chiuso gli occhi; e nel visino pallido e delicato erano ancora tracce così evidenti di terrore che la madre si spaventò. Pensò a un tratto se la fanciulla debole e gracile avrebbe mai avuto forza sufficiente per rimanere, un giorno, in piedi nella vita senza sostegno né aiuto. I miti occhi celesti della madre si velarono di lacrime, ma questo poteva forse dipendere dalla fatica, perché cucire in bianco è lavoro estenuante, e le palpebre della signora Wanka erano sempre un po’ rosse per questo. Luisa, che doveva avere sentito quello sguardo, prese, dopo un poco, ad aiutare la madre. Le donne erano ora entrambe chine sulla tela, mentre la lampada gettava dal soffitto una luce cruda sulla chioma grigia e su quella bionda. A un tratto Zdenko disse: «Non so, mi viene sempre fatto di pensare che Luisa sia rimasta così piccina per lo spavento. Veramente. Potrebbe darsi benissimo. Quando uno, fin da piccolo, vede di continuo cose grandi come lei ne ha viste – pensate soltanto al castello sulla rupe scoscesa, quegli alti cortili, i grossi cannoni sui fortini e perfino nelle sale, sedie e quadri e vasi, tutto in proporzioni gigantesche, – allora o cresce come queste cose» (la signora Wanka guardò il figlio sorridendo, e continuò alacremente a cucire) «oppure… perde ogni coraggio di seguirle nel loro sviluppo. Perché deve pensare: io non diventerò mai così grande. E a furia di guardare e di meravigliarsi passano i giorni, ci si dimentica di se stessi e del fatto che queste cose sono, in fondo, soltanto un esempio. Non credi, Luisa?»
«Forse», assentì la sorella senza interrompere il lavoro.
«L’ho provato anch’io, da ragazzo, e capisco come possa impressionare.» Zdenko guardò nel vuoto, sopra le donne. «Ma poi, una volta, avviene la rottura; allora ci si pone in punta di piedi davanti a tutto questo, invece che in ginocchio, e quello si toglie dalla vista.
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